Soprano | Lisette Oropesa | |
Piano | Alessandro Praticò |
Lisette returns to the Teatro di San Carlo in Napoli to give a recital that highlights Italian and Spanish repertoire.
Maurice Ravel
Chants populaires, “Chanson espagnole”
Vocalise-étude en forme de habanera
Léo Delibes
Bolero “Les filles de Cadix”
Jules Massenet
Chanson andalouse
Sevillana “A Séville, belles señoras”
Isaac Albéniz (Piano)
“Sevilla”, Suite española
Georges Bizet
“Oeuvre ton cœur”
“Adieux de l’hôtesse arabe”
Gioachino Rossini
Soirées musicales, “L’invito”
Saverio Mercadante
“La stella”
“La primavera”
Franz Liszt (Piano)
Sonnet 104 by Petrarca - Années de pèlerinage
Giuseppe Verdi
“È la vita un mar d’affanni”
“Stornello”
“Chi i bei di m’adduce ancora”
“Perduta ho la pace”
Les vêpres siciliennes, “Merci, jeunes amies”
Gioachino Rossini
La Danza
Ruperto Chapí
Carceleras - Zarzuela de Las Hijas del Zebedeo
Eduardo Di Capua
I' te vurria vasa
Giuseppe Verdi
Amami Alfredi - La traviata
Si apprezzano nell’interpretazione di Lisette Oropesa la cavata e l’afflato lirico, l’abbandono alla elegante cantabilità delle melodie di Mercadante, l’irrobustimento del peso specifico della sua vocalità, che in queste pagine anticipa, in un recital dalla coerente e ben ponderata scelta dei brani, quella appropriata alle quattro successive romanze da camera di Giuseppe Verdi, È la vita un mar d’affanni, Stornello, Chi i bei dì m’adduce ancora, Perduta ho la pace. La lettura di queste quattro pagine è un microcosmo di stati d’animo, di fraseggio ricercato, un esempio di versatilità. Qui Lisette Oropesa riesce a trovare la “tinta” più appropriata per ciascuna romanza, la giusta accentazione, la migliore prosodia per ogni parola.
— Luigi Raso • L'ape musicale
Dopo avere riservato applausi calorosi durante la serata, al termine il pubblico si è scatenato in ovazioni e acclamazioni interminabili, da qui una serie di bis: dalla Danza rossiniana di cui abbiamo detto a un’aria dalla Zarzuela Las Hijas del Zebedeo di Ruperto Chapí, terminando con “I’ te vurria vasa’”, omaggio a Napoli commovente per lo scrupolo esecutivo e l’intensa espressività messa nei versi, tra l’altro con ottima dizione. Bellissima chiusa per una serata da inserire fra le migliori di questa stagione sancarliana.
— Bruno Tredicine • Opera Click
Fino poi a chiudere in gran trionfo, fra i lunghi e caldissimi applausi, con una raffica di quattro bis mozzafiato: la qui auspicata e vertiginosa al limite dell’eseguibile Danza dalle Soirées musicales di Rossini, l’aria parimenti velocissima Carceleras dalla zarzuela Las hijas del Zebedeo del compositore spagnolo di fine Ottocento Ruperto Chapí Lorente, un cult della canzone classica napoletana qual è I’ te vorria vasà di Eduardo Di Capua pubblicata nell’anno 1900 – con sorprendente padronanza nella dizione del testo – e, accontentando la richiesta espressa a gran voce da uno spettatore di barcaccia, l’Amami Alfredo estratto dalla Traviata di Verdi gestualizzandone il peso dell’”Addio” a braccia curve verso l’alto come a calcare simpaticamente l’ormai opportuno distacco al culmine di un vero e proprio tour vocal de force.
— Paola De Simone • Conessi all'Opera
Più sobria ma marcata la bellissima aria da Soirées musicales, “L’invito” di Rossini, il discorso musicale scivola come fossero un unico strumento. In “La stella” e “La primavera” di Mercadante la forma sembra trasformata in un incantato virtuosismo tra sentimenti e voce, confidenziale, a tu per tu, come se fosse la prima volta che lo affronta. Mai un calo di tensione. Praticò dosa il volume distillando una serie di pianissimo, come sussurri che sfidano l'udito dei più nell’introduzione di “La Primavera”, magica. Qui il soprano era su timbri ideali, corposi, bruniti, come se Mercadante restituisse tutta l'espressività della voce della Oropesa, la sua genialità e bellezza. Conclude “Merci, jeunes amies” da Les vêpres Siciliennes di Verdi, preceduto da “È la vita un mar d’affanni”, “Stornello”, “Chi i bei dì m’adduce ancora”, “Perduta ho la pace” e si scardina ogni convenzione di interpretazione, di scansione ripetuta, dove scorre libero il fraseggio creando forme e prospettive mai osate prima.
— Salvatore Morra • Giornale della Musica